La piccola repubblica socialista dei Caraibi ha ormai 44 anni. Miseria, malattie, degrado morale, analfabetismo iniziali sono stati quasi sconfitti. Ma dicono che…
CUBA , L'ISOLA CANAGLIA VA RIDOTTA ALLA DEMOCRAZIA
di CARLO F. BATA'
2 gennaio 1959, L'Avana, Cuba. Le colonne guidate da Camilo
Cienfuegos ed Ernesto Guevara entrano in città. Qualche giorno dopo anche il
Comandante delle forze ribelli, Fidel Castro, raggiunge la capitale dell'isola. E' il trionfo della
rivoluzione. Fulgencio Batista fugge a Santo Domingo. Per Cuba si chiude
un'epoca: dopo l'indipendenza del 1898, infatti, gli Stati Uniti si erano presi il diritto di intervento nelle
faccende di politica interna, esercitando il totale controllo dell'economia
cubana. La rivoluzione si propone di riequilibrare le
diseguaglianze sociali e di conferire finalmente la piena
sovranità statale. Dall'Avana scappano moltissime persone: in tre anni circa il
3% della popolazione lascia l'isola. Si verifica una fuga di capitali all'estero, le proprietà di Batista sono
confiscate.
Sorgono subito i primi contrasti con gli Stati Uniti, le cui coste non distano che novanta miglia. Il 4 marzo 1960 la nave mercantile francese La Coubre, con a bordo materiale bellico acquistato dal Belgio, esplode nel porto dell'Avana: settanta persone perdono la vita, mentre i feriti sono duecento. Castro accusa le autorità statunitensi di sabotaggio. Nel frattempo le fabbriche e le piantagioni cubane sono oggetto di periodici bombardamenti da parte di aerei e unità navali provenienti dagli Stati Uniti: in molti casi si registrano vittime tra la popolazione civile inerme.
In estate Cuba procede alla confisca delle raffinerie di petrolio della Shell, della Esso e della Texaco, poiché si erano rifiutate di raffinare il petrolio proveniente dall'Unione Sovietica. In ottobre l'Amministrazione Eisenhower impone il primo parziale embargo economico contro Cuba. Il 3
gennaio 1961 gli Stati Uniti rompono le relazioni diplomatiche. Il 17 aprile dello stesso anno, dopo che alcuni bombardieri B-26 di fabbricazione nordamericana provenienti dal Guatemala avevano bombardato due aeroporti dell'Avana e quello di Santiago, mercenari addestrati dalla CIA nel Nicaragua di Luis Somoza e finanziati dal governo di Washington sbarcano alla Baia dei Porci, venendo però sconfitti in meno di settantadue ore. Cuba lascia sul campo di battaglia centocinquanta morti. Il giorno prima dell'invasione Castro aveva pubblicamente annunciato il carattere socialista della rivoluzione. Il 7 febbraio 1962 gli Stati Uniti decidono di estendere a tutti i prodotti il blocco economico. Nell'ottobre del 1962, a causa dell'installazione a Cuba di missili sovietici a lunga gettata, si rischia un olocausto nucleare. Kruscev si impegna a rimuovere le postazioni missilistiche in cambio della promessa di Kennedy di non invadere l'isola. Cuba diventa una nuova pedina nella guerra fredda. Gli Stati Uniti, che escono dalla psicosi del maccartismo, non possono tollerare che nel continente americano, che avevano più volte dichiarato essere il proprio cortile di casa, si consolidi una rivoluzione che fin da subito, anche a causa delle restrizioni economiche imposte, si lega all'Unione Sovietica. Nel 1954 erano intervenuti in Guatemala, dove il presidente Jacobo Árbenz aveva proposto una timida riforma agraria, che però andava a ledere le proprietà delle piantagioni della United Fruit, tra i cui principali azionisti figurava il segretario di Stato americano John Foster Dulles.
La nuova Cuba eredita una società profondamente diseguale, che vede una netta demarcazione tra la stretta cerchia delle persone vicine al regime e la maggioranza della popolazione che
vive nella miseria. L'isola aveva conquistato l'indipendenza dalla Spagna nel 1898, dopo una guerra di liberazione durata trent'anni che si era conclusa con l'intervento degli Stati Uniti,
desiderosi di controllare finalmente l'isola che agognavano da decenni. Nel 1901, poco prima della proclamazione della Repubblica, l'Emendamento Platt aveva sancito il diritto di intervento
degli Stati Uniti nella politica cubana: il governo dell'Avana non poteva firmare trattati internazionali senza il beneplacito di Washington, mentre veniva concesso agli Stati Uniti l'usufrutto
della base militare di Guantánamo. Insieme ai marine, arrivarono a Cuba le società e i trust statunitensi, che si spartirono l'intera economia cubana: piantagioni, raffinerie, ferrovie, banche,
alberghi. Tra il 1902 e il 1925 si erano succeduti presidenti legati agli interessi economici statunitensi, poi per otto anni detenne il potere Gerardo Machado, abbattuto da un'ondata di
scioperi e di manifestazioni da parte dell'opposizione
perseguitata e rinchiusa nelle carceri senza processo. Nel 1934 un golpe ordito
dal colonnello Fulgencio Batista inaugurò un periodo di oltre vent'anni in cui l'esercito, di fatto, detenne il potere
attraverso la facciata di governi civili. Alla fine degli anni Trenta si animò
il movimento popolare. La guerra civile in Spagna, la politica progressista di Lázaro Cárdenas in Messico e la
minaccia rappresentata dal nazismo tedesco diedero coraggio alle posizioni
democratiche. Negli anni seguenti Batista, spinto da un lato dalla situazione internazionale, dall'altro dalla crisi
interna e dal malcontento, avallò alcune misure riformiste: venne convocata
l'Assemblea Costituente, all'interno della quale l'azione dei partiti di sinistra condusse all'introduzione nella
Costituzione di nuovi diritti e di misure contro il latifondo. Firmata il 10
ottobre 1940 a Guáimaro, la Costituzione della Repubblica riconosceva, infatti, il diritto al lavoro, alla sicurezza
sociale e alla giusta ridistribuzione della ricchezza. Molti passaggi
ricalcavano la Costituzione della Repubblica di Weimar e quella della Repubblica spagnola del 1931. Alle parole però, non seguirono i
fatti e molte disposizioni costituzionali rimasero inattuate. Finché, il 10
marzo 1952, Batista decise di abrogare la Costituzione.
A Cuba imperversavano la malavita e la corruzione: l'isola divenne il luogo di svago per milionari e gangster statunitensi, che arrivavano per spendere i loro risparmi nei Casino dell'Avana. I
diritti sindacali e civili erano sistematicamente calpestati, il Partito comunista risentiva dei venti di guerra fredda che spiravano su tutto il mondo. Jesús Menéndez, il segretario del sindacato
dei lavoratori dello zucchero, prima risorsa del paese, fu assassinato da un capitano di polizia che aveva il compito di seguirlo dovunque. Gli assassinii su commissione erano all'ordine del
giorno, le istituzioni statali perdevano sempre più autorità di fronte alla formazione di altri poteri forti. Le elezioni presidenziali previste per il 1952 non ebbero luogo, in quanto Batista con
un colpo di stato si impadronì del potere temendo di uscire sconfitto dal responso delle urne. L'Università venne chiusa, la polizia e gli studenti si affrontavano quotidianamente per le strade,
i partiti di sinistra passarono alla clandestinità.
Il 26 luglio 1953 un gruppo di uomini guidati dall'avvocato Fidel Castro assaltano la caserma Moncada a Santiago. L'azione fallisce: dei centosessanta uomini che avevano partecipato all'azione,
settanta sono torturati e uccisi dopo essere stati catturati, alcuni sono fatti prigionieri, altri riescono a fuggire. Castro, dopo la mediazione dell'arcivescovo di Santiago monsignor Enrique
Pérez Serantes, si consegna alle autorità e durante il processo espone le motivazioni che lo avevano spinto ad agire: "La società […] rimane criminalmente indifferente di fronte all'assassinio
di massa che si commette con tante migliaia e migliaia di bambini che muoiono ogni anno per mancanza di risorse, agonizzando tra gli spasmi del dolore". Cuba vive le contraddizioni dell'accumulo
della ricchezza in poche mani e dell'abbandono delle masse di lavoratori e di contadini: l'economia, che soggiace ai dettami imposti dall'estero, è calibrata solamente sugli interessi di una piccola
percentuale di cubani strettamente legati a Batista. Dopo la
condanna, seguono la liberazione dei prigionieri, l'incontro di Castro e Guevara
in Messico, la spedizione del Granma e tre
anni di guerriglia che porteranno alla caduta del regime di Batista.
Prima del 1959 il controllo esterno dell'economia e della politica cubana è capillare: su 174 zuccherifici, 67 sono di proprietà statunitense e 52 sono controllati dal capitale straniero. I cubani, soprattutto nelle campagne, versano nella miseria, riuscendo (i più fortunati) a lavorare solo quattro mesi l'anno, durante il raccolto della canna da zucchero. L'abbondanza di manodopera e la mancanza di una regolamentazione del mercato del lavoro generano stipendi da fame. Nelle città, intanto, i proprietari terrieri e la ricca borghesia subordinata agli interessi statunitensi dispongono di automobili di lusso, molte delle quali rimarranno a Cuba anche dopo la caduta di Batista, di elettrodomestici e di abbigliamento firmato. Nelle campagne 400.000 famiglie, che rappresentano un quarto della popolazione, vivono in baracche prive di servizi igienici. Sulla rivista Bohemia del 16 febbraio 1958 è pubblicata un'inchiesta sulla situazione dei lavoratori: su poco più di quattro milioni di abitanti in età lavorativa, un milione e mezzo lavorano saltuariamente, mentre ottocentomila sono senza lavoro. Solo due milioni di persone hanno un impiego fisso: la disoccupazione è oltre il 50%. Così descrive l'Avana di inizio 1959 lo storico statunitense Hugh Thomas: "Le molte facce dell'Avana la rendevano paragonabile alle città del mondo ricco e sviluppato, più che alle capitali dei paesi poveri. […] I contrasti erano violenti e la preoccupazione per il traffico coesisteva con i mendicanti. […] L'aria condizionata era arrivata in alberghi, uffici, ristoranti e molte case private del Vedado o di Miramar, acuendo il contrasto con gli slum. […] L'Avana faceva sembrare provinciali altre capitali dei Caraibi, ma lo standard di vita nella campagna cubana era inferiore a quello delle altre isole".
Al trionfo della rivoluzione, la situazione sanitaria è caotica e disarticolata. Su circa sei milioni di abitanti, oltre centomila persone sono affette da tubercolosi, il 95% dei bambini soffre di parassitismo intestinale La denutrizione affligge la maggior parte della popolazione, soprattutto nelle zone rurali, mentre alcune malattie, tra cui diarrea acuta, tubercolosi, difterite e paludismo, sono le principali cause di morte. L'aspettativa di vita è di cinquantanove anni. Uno dei primi provvedimenti è quello di mandare i medici, almeno quelli che non si erano rifugiati negli Stati Uniti, a esercitare nei villaggi di campagna, che spesso non avevano mai goduto di assistenza medica. Sono costruiti ventisei ospedali rurali; le farmacie sono nazionalizzate e poste sono il diretto controllo dello Stato; i prezzi delle medicine sono abbassati. La sanità diventa gratuita. Tremila medici, circa la metà, lasciano il paese, che si trova così a dovere affrontare una grave mancanza di personale sanitario. Nei primi cinque anni si predispongono massicce campagne di vaccinazione ed elementari misure per prevenire l'insorgere delle affezioni. La mortalità infantile entro il primo anno di vita cala ogni anno e si avvicina velocemente ai tassi dei paesi europei. Stessa sorte per la mortalità materna al momento del parto: le donne gravide, infatti, sono sottoposte in media a quindici controlli prenatali. Inoltre circa il 99% dei parti avviene negli ospedali. Nel 1970 la mortalità infantile si attesta attorno al 50 per mille, dieci anni più tardi al 20 per mille.
Nel 1982 viene aperto all'Avana l'ospedale Hermanos Almejiras, che nei progetti prerivoluzionari avrebbe dovuto essere la banca più grande dell'America Latina. Su ventiquattro piani, il centro
dispone di moderne tecniche diagnostiche, come la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica e l'accelerazione lineare. Dal 1986, dopo l'incidente alla centrale nucleare di Cernobyl,
Cuba ospita diciottomila bambini ucraini colpiti dalle radiazioni oppure nati con malformazioni. Moltissimi medici cubani lavorano all'estero, nei paesi del terzo mondo privi di un sistema sanitario;
dopo ogni calamità naturale che investe l'America Latina i primi aiuti in personale medico arrivano con voli provenienti dall'Avana. Dopo trent'anni di rivoluzione, a Cuba c'è un medico ogni 303
abitanti. L'aspettativa di vita ha raggiunto i settantasei anni. La mortalità infantile, nel 1989 all'11 per mille quando nel 1959 era attorno al 40 per mille, è eccezion fatta per il Canada la più bassa del
continente americano, Stati Uniti inclusi. La principale causa di morte sono le malattie cardiache, come nei paesi occidentali. Oltre il 90% dei cubani ha accesso all'acqua potabile. Oltre il 10%
della popolazione ha più di sessantacinque anni. L'OMS ha più volte espresso il proprio apprezzamento per la situazione sanitaria cubana.
Anche in campo educativo, la situazione sotto Batista era disastrosa. Nel 1959, su una popolazione di sette milioni di abitanti, gli analfabeti sono un milione, diecimila insegnati sono disoccupati
e si arrangiano con lavori saltuari. Seicentomila bambini in età scolare non hanno la possibilità di andare a scuola, per mancanza di aule. Due anni più tardi il governo organizza una campagna di
alfabetizzazione riuscendo, in un solo anno, a sradicare la piaga dell'analfabetismo, che passa dal 23,6% al 3,9%. L'UNESCO fa porre una targa all'ingresso del Museo della Alfabetizzazione
all'Avana con su scritto: "Da tutto il mondo verranno a chiedervi come avete fatto". L'abbandono scolastico rimane un ricordo. Oltre il 96% dei bambini termina il corso di studi primari; in
America Latina la percentuale è sotto il 50%. A Cuba c'è un insegnante ogni 37 abitanti; in America Latina uno ogni 270 abitanti. La rivoluzione costruisce scuole, Università e ritaglia per l'istruzione
una somma pari al 25% del
PIL. Solo il Canada, nel continente americano, dedica più fondi a questo settore. L'istruzione è gratuita, compreso il materiale scolastico e tutto quanto ha a che fare con lenecessità scolastiche come il pranzo, nelle scuole a tempo pieno, e il vestiario. Per le strade dell'Avana i bambini si recano a scuola con la tipica divisa bordeaux.
Sanità e educazione sono sempre stati i cavalli di battaglia su cui Cuba ha puntato per difendere la scelta di proseguire, nonostante le avversità, nel progetto rivoluzionario. Le critiche più feroci
sono giunte da chi mette in dubbio il rispetto dei diritti umani. Nei primi trent'anni di rivoluzione tutti e sette i Presidenti degli Stati Uniti hanno manifestato la propria decisa volontà di porre fine
al governo di Castro per riportare la democrazia nell'isola. La diatriba verte su cosa si intenda per democrazia. Cuba insiste che i principi democratici e i diritti umani, compreso quello principale alla
vita, sono rispettati. I giuristi cubani insistono nel cercare di dimostrare che esiste un'assoluta concordanza tra quanto esposto nella "Dichiarazione universale dei diritti umani" del 1948 e la realtà
cubana. Nell'isola sono garantiti, infatti, il diritto all'istruzione, alla salute e all'occupazione, che altrove sono sistematicamente violati, obbligando la gente a vivere nell'ignoranza, senza potersi curare
e senza un posto di lavoro.
I detrattori ribattono che soprattutto libertà di stampa e d'espressione sono fortemente limitate da un sistema oppressivo. Sono denunciate torture, arresti arbitrari, persecuzione dei dissidenti. Nel
1984, quando il reverendo Jesse Jackson visita l'isola, sono liberati trenta prigionieri politici, nel gioco di concessioni e atti dimostrativi che ha sempre caratterizzato questo tira e molla.
I diplomatici cubani, all'interno dei vari organismi internazionali, si prodigano a esporre le proprie ragioni, adducendo come termine di paragone il resto dell'America Latina, dove
sussistono fenomeni come la fame, come la repressione sindacale e politica. In Colombia, dove esiste la libertà di stampa, sostengono, il giornalista è uno dei mestieri più pericolosi. Inoltre alcune misure restrittive
sono spiegate dalla particolare situazione che Cuba si vede costretta ad affrontare. Il blocco economico e le continue ingerenze della comunità cubana in Florida, appoggiata e finanziata dalla CIA e
dallo stesso Pentagono, che non hanno esitato a ricorrere alla violenza per destabilizzare il regime castrista.
Il fatto più grave avviene il 6 ottobre 1976, quando sopra le Barbados esplode in volo un aereo della compagnia di bandiera cubana. Settantatré persone, tra cui la squadra giovanile di scherma
e undici ragazzi della Guyana con una borsa di studio a Cuba, perdono la vita. I responsabili sono individuati in Orlando Bosch e Luis Posada Carriles, massimi esponenti della comunità
cubana negli Stati Uniti. Cuba denuncia l'immobilità del governo di Washington nel prevenire (e nel punire) questi crimini e ricorda che, nei primi trent'anni di rivoluzione, questa politica
aggressiva ha causato cinquemila morti o feriti con invalidità permanente. Tale situazione, si sostiene da parte cubana, impone il controllo sistematico di possibili agenti centrifughi e
disgreganti senza il quale si ritornerebbe alla situazione precedente alla rivoluzione. Anche se non tutta l'opposizione dimostra l'odio e l'accanimento della
Fundación Nacional Cubano-Americana,nata per volontà di Ronald Reagan l'anno del suo insediamento, che è coordinatrice e finanziatrice di molte azioni violente contro Cuba. Nel 1987, ad esempio, nasce il
Comitato per i diritti umani,che invece cerca il dialogo con Castro. Gli otto anni di Reagan alla Casa Bianca inaspriscono i rapporti con Cuba, interrompendo il processo di distensione iniziato nel 1977 da Jimmy Carter, che
aveva deciso di abrogare il divieto per i cittadini statunitensi di visitare l'isola e aveva espresso la volontà di rimuovere il blocco economico.
Il 24 febbraio 1976 viene promulgata la Costituzione della Repubblica di Cuba. Il progetto, tramite un referendum nazionale, è approvato con il 97.7 % dei voti. L'articolo 1 stabilisce:
"Cuba è uno Stato socialista di lavoratori, indipendente e sovrano, organizzato con tutti e per il bene di tutti come repubblica unitaria e democratica per il godimento della libertà politica,
della giustizia sociale, del benessere individuale e collettivo e della solidarietà umana". Il sistema politico si basa su un'unica organizzazione, il Partito Comunista, che però non nomina candidati,
scelti invece dagli stessi elettori in apposite assemblee di quartiere, né partecipa alle elezioni. Il suo compito è di "orientare e organizzare l'intera popolazione lavoratrice nonché le altre
organizzazioni sociali e lo Stato".
Fidel Castro è simultaneamente Presidente e Capo dello Stato, Presidente del Consiglio dei Ministri e Segretario generale del Partito Comunista. Il sistema politico scelto è quindi molto differente
dal modello anglosassone o da quello, che in diverse varianti, si trova nei paesi europei. Il pluripartitismo a Cuba aveva generato, in cinquantasette anni di indipendenza, corruzione, nepotismo
e dipendenza dagli Stati Uniti, che in pratica controllavano l'elezione dei Presidenti. La risposta data a questa situazione è stata radicale.
E' proprio la carismatica ed emblematica figura di Castro a suscitare le maggiori perplessità di chi invoca il rispetto delle regole democratiche in ogni Stato. Nelle democrazie di stampo occidentale,
infatti, la composizione dei più alti organi dello Stato subisce continui sconvolgimenti. A Cuba, invece, il potere è mantenuto da un solo uomo, sicuramente assistito da competenti collaboratori
ma che su molte questioni possiede l'ultima parola. Non è un caso che Castro, che i cubani comunque chiamano per nome, sia il "Líder máximo". Gli anticastristi parlano di tiranno, di dittatore,
addirittura di Cuba ridotta ad arcipelago gulag.
Altre volte le critiche non raggiungono il parossismo o la menzogna, limitandosi a constatare (e a condannare) una realtà particolare e dove senza dubbio il dissenso politico non è consentito:
Amnesty International denuncia continuamente la violazione dei diritti umani e la reclusione di circa cinquecento persone, tra prigionieri politici e di coscienza. Altre associazioni chiedono la
cancellazione dal codice penale della pena di morte. Guevara nel dicembre del 1964 alle Nazioni Unite, rispondendo a chi sollevava forti dubbi sul metodo con cui si stavano chiudendo i conti
con il passato, ossia giustiziando i responsabili di crimini durante il regime di Batista, ribatte: "Dobbiamo ripetere qui una verità che abbiamo sempre detto davanti a tutto il mondo: sì, abbiamo
fucilato, fuciliamo e continueremo a fucilare finché sarà necessario. La nostra lotta è una lotta a morte. Noi sappiamo quale sarebbe il risultato di una battaglia perduta. […] Noi viviamo in
queste condizioni perché esse ci sono imposte dall'imperialismo nordamericano".
Guevara nel suo stile molto diretto e poco diplomatico respinge l'idea di scendere a compromessi se questo dovesse portare a un'interruzione del processo rivoluzionario: la situazione critica
che vive Cuba è imposta dalla politica ostile del governo di Washington. Il dissenso è ammesso nella misura in cui non miri né al mutamento del sistema istituzionale dello Stato, né
all'organizzazione di azioni violente. Cuba, comunque, non vede i fenomeni raccapriccianti che dilagano nel resto del continente: squadroni della morte che uccidono i bambini per le
strade di Rio de Janeiro, massacri di contadini nelle campagne attorno a Città del Guatemala, migliaia di desaparecidos in Argentina o in Cile.
Nel 1984, il governo cubano e l'Amministrazione Reagan firmano un accordo in base al quale gli Stati Uniti si impegnano a concedere ventimila visti ogni anno a cittadini cubani. Il protocollo
serve per arginare e per regolamentare una situazione di esodi continui: quattro anni prima circa centotrenta mila persone avevano lasciato Cuba. Nel 1986 Castro decide di non seguire
l'esempio di Gorbaciov che a Mosca inizia con la perestrojka una politica riformista: tre anni dopo, con la caduta del Muro di Berlino, l'Unione Sovietica perde il controllo sull'Europa orientale
e la profonda crisi che ne segue, ancora prima del crollo repentino dell'impero sovietico, porta alla fine del legame privilegiato tra i due paesi. Con la fine del socialismo reale, in molti
scommettono sulla fine della rivoluzione cubana. Intanto la rivoluzione sandinista in Nicaragua è in agonia, dopo anni difficili di sabotaggi e aggressioni da parte dei contras spalleggiati
dal governo statunitense. La seconda esperienza, dopo quella cilena, di costruzione di uno Stato che aveva rifiutato di obbedire ai dettami degli Stati Uniti si sta consumando. Sempre nel
1989 la CIA rende pubblici documenti segreti riguardo ai tentati assassinii (alcune decine) orditi contro la vita di Castro, utilizzando persino sigari avvelenati.
BIBLIOGRAFIA
Storia di Cuba 1762-1970, di Hugh Thomas - Einaudi Editore, Torino 1973
C come Cuba
Cuba defendida
L'ottobre cubano
Lettera a Fidel Castro
Il libro nero del comunismo. Crimini, terrore, repressione
1998