04/07/2007

Ernesto Che Guevara un uomo del nostro tempo

Il 9 ottobre 2007 ricorrerà il 40° anniversario della morte di Ernesto Che Guevara.

Nel ricordare questo grande uomo vorrei citare due cose da lui stesso pronunciate, la prima è una breve sintesi autobiografica che egli annotò

sul suo diario negli ultimi mesi della sua vita: “Sono nato in Argentina, sono diventato medico per alleviare le sofferenze dei malati e dei più deboli,

ho combattuto a Cuba, sono diventato un rivoluzionario in Guatemala”.

Queste parole pronunciate e scritte poco prima di morire costituiscono ciò che egli stesso amava definire la sua sintesi autobiografica e racchiudono il

significato della sua vita breve ma intensa. La seconda riguarda la sua sfera personale: “Per me il mio soprannome Che è il fatto più importante, più caro di

tutta la mia stessa vita. Come potrebbe non piacermi? Tutto ciò che lo precede, il nome, il cognome, sono cose piccole, personali, insignificanti…. Al contrario mi

piace moltissimo che mi chiamino El Che.”

Jean Paul Sastre nel definirlo l’uomo più completo del suo tempo intendeva dichiarare che il Che visse intensamente le sue teorie, diventò rivoluzionario consapevole che la

maggior parte degli uomini è oppresso, al punto che la sua storia, la sua vita raccontano le stesse cose.

Su quest’uomo straordinario sono state scritte migliaia di pagine, a volte appassionate, a volte critiche: in ogni caso Che Guevara emerge prepotentemente

come una figura di spicco nella storia del secolo scorso, una figura che anche oggi è più che mai un punto di riferimento in particolare per tutti i paesi del cosiddetto Sud mondo

oppressi da dittature, dove non esiste la libertà di esprimere le proprie idee, dove regnano ricatti e sfruttamenti economici, che causano sofferenza e disperazione, fame, violenza

per sopravvivere. Egli però è anche un punto di riferimento per chiunque creda nella libertà dei popoli e dell’uomo da ogni sorta di sopruso come massimo valore da difendere.

Per i popoli latino-americani in particolare oppressi dal neocolonialismo dilagante della nazione più ricca e potente del mondo gli Stati Uniti del Nord America

che come un cancro si sta diffondendo in tutto il mondo imponendo il proprio imperialismo anti-sociale ed egemone, specie soggiogando con governi fantocci

manovrati direttamente dalla CIA intere nazioni, causando nella gente di quelle regioni sofferenza, sfruttamento, disperazione e assenza dei diritti più basilari dell’uomo.

Interi Stati e regioni sono in crisi economiche e sociali insuperabili che causano sofferenza fame e disperazione, in quei luoghi il Che viene considerato un eroe

mitico, un esempio da seguire un “libertador” esportatore di dignità, libertà, valori sociali. In un anelito di libertà e una speranza per il futuro.

Per altri invece che stanno dalla parte di chi governa con l’abuso di potere, lo sfruttamento, la menzogna, Che Guevara non fu che un volgare guerrigliero, una

specie di terrorista ante-litteram e le sue idee che ancora oggi simboleggiano l’antimperialismo più sincero, vengono considerate pericolose per il

mantenimento dell’equilibrio tra sfuttati e sfruttatori. Dai potenti yankee fu considerato più pericoloso di Fidel Castro che concentrò la sua opera solo a Cuba

poichè il Che era un esportaore di idee rivoluzionare e anti-americane.

E invece a quasi 40 anni dalla sua morte il mito del Che si è diffuso in tutto il mondo ed è così presente che la sua immagine è emblema stesso di libertà, uguaglianza

tra i popoli e soprattutto di solidarietà.

Della storia ufficiale di Ernesto Che Guevara si conosce quasi tutto, le sue imprese, il suo impegno costante per difendere i deboli, di qualsiasi razza o

colore, gli sfruttati e gli oppressi di tutto il mondo sono parte della sua stessa figura storica. Ernesto Che Guevara de La Serna Lynch nato a Rosario in

Argentina nel 1928 e trucidato dai rangers del presidente boliviano Barrientos, manovrati dalla CIA, domenica 9 ottobre 1967, in una località sperduta della

Bolivia, La Higuera. Perché considerato dai potenti governanti yankee un pericolo per la stabilità da loro imposta in tutto il Sud America, specie dopo la vicenda

cubana che ancora oggi a 45 anni di distanza gli USA non riescono a digerire. Il Che fu giustiziato in modo frettoloso poiché il manipolo che lo aveva catturato e

lo stesso Governo Boliviano si trovarono nelle mani una situazione più grande di loro, gestire la cattura del più famoso guerrigliero di quel tempo, per cui prima

che Cuba e molti altri paesi venissero a conoscenza della cattura del Che e si muovessero di conseguenza con tutti gli strumenti politici e anche militari a loro

disposizione, da Washington giunse l’ordine di sopprimerlo e possibilmente per mano boliviana. Infatti l’esecutore materiale dell’omicidio del Che fu l’ultimo per

importanza del manipolo che lo aveva catturato, il giovanissimo sergente Mario Teran che per ordine dello stesso dittatore boliviano Renè Barrientos, fu costretto

dai suoi superiori all’omicidio del Che. Così avvenne e, come spesso accade quando un personaggio straordinario muore violentemente in giovane età, la

realtà sconfina con il passare del tempo nel mito.

Quali furono allora le ragioni che spinsero il Che a diventare un rivoluzionario, molte testimonianze dicono che già nella sua vita adolescenziale nutrì particolari attenzioni

per i più deboli e per la solidarietà tra uomini, era un ragazzo scherzoso, ciarliero, simpatico, un amante del divertimento, fu sempre però un

anticonformista pronto a battersi laddove intravedeva ogni forma di ingiustizia e di oppressione.

Ma Che Guevara adulto è molto di più, la sua statura è assai più complessa e le sue idee ben più importanti, a mio avviso, delle sue azioni già di per sé di notevole riguardo.

Quello di cui si oggi si parla meno sono le idee che Che Guevara aveva radicato dentro di sé nella breve ma intensa durata della sua vita. Troppo spesso

lo si assimila a un qualsiasi leader della sinistra radicale, anti-nordamericano, anti-democratico, marxista convinto e ortodosso, in realtà Che Guevara voleva

trovare risposte che partendo da una ovvia base culturale socialista, si ponessero come una sfida alle trasformazioni in atto nella società, individuando una via di uscita

nuova e innovatrice che cambiasse radicalmente tutto l’assetto politico sociale dell’America e del mondo in generale. Ad un certo punto del suo percorso intellettivo

e ideologico Che Guevara che già in gioventù, dopo essersi brillantemente laureato in Medicina, aveva effettuato lunghi viaggi in tutta l’America Latina dove

aveva constatato il degrado sociale, culturale, economico dei popoli che aveva conosciuto ed in più aveva potuto toccare con mano che non vi era terra in cui non fosse

pesante e insopportabile il giogo imposto dagli Stati Uniti, nel 1953 si trovò in Guatemala dove la aggressione militare guidata dal golpista filo-americano Castillo Armas

armato e finanziato dagli Usa stessi, contro il governo democratico di Jacobo Guzman, convinsero il Che, sia perché il governo di Guzman si rifiutò di armare il popolo

per difendersi dall’aggressione, (errore ripetuto, e pagato con la vita, quasi vent’anni dopo da Salvador Allende, in Cile) sia per la tragedia consumatasi in Guatemala che

si concluse in una carneficina ove furono sterminati dai golpisti anche donne e bambini, Che Guevara a malincuore si convinse che una via pacifica e riformista per liberare i

popoli dell’America Latina fosse in quel momento inutile e improduttiva. Per un uomo del suo rigore e della sua forza interiore la scelta divenne obbligata, spendere la

propria vita a favore degli oppressi e poiché era fermamente convinto che gli uomini nascono uguali e poi diventano oppressi e sfruttati da chi detiene il potere, il Che

scelse di diventare un rivoluzionario, di scendere in campo e per quanto gli fosse possibile combattere in ogni angolo del mondo l’ingiustizia perpetrata dai potenti contro i deboli.

Egli partito con l’idea di andare a portare la sua professione medica a chi ovunque ne avesse bisogno, dopo la vicenda guatemalteca si rese conto e cominciò a capire

che vi erano nella sua coscienza cose più pressanti che dare un contributo alla medicina, imbracciare le armi ed aiutare nella lotta la gente, il popolo contro lo sfruttamento

e l’ingiustizia, nacque così il Che rivoluzionario.

Secondo Che Guevara il vero rivoluzionario vive a suo modo la rivoluzione, ma vi sono elementi che contraddistinguono i rivoluzionari le cui idee resistono nella storia.

Il Rivoluzionario è colui che vivendo un rapporto di antagonismo con una parte della società e i suoi poteri oppressivi, lascia la sua quotidianità, il suo lavoro, spesso

anche i suoi affetti per assumere le sembianze di uno straniero. E’ un uomo errante alla ricerca di un mondo nuovo. Il suo viaggio è una metafora della ricerca della libertà,

camminando esce dal quotidiano e più cammina, più acquisisce sapienza, cultura e più si avvicina all’Uomo.

Il Che era anticonformista. Ma non si trovava al di fuori della storia, dei meccanismi sociali, politici e produttivi. Anzi proprio per la sua natura inquieta e ribelle più di altri

esprimeva le ansie del suo tempo e del suo essere sociale. Era un uomo eccezionale dotato di un a intelligenza brillante e concreta, di una memoria unica e soprattutto di

una lungimiranza talora straordinaria.

Con la sua attività, politica e umana, rispondeva alle sfide delle trasformazioni in atto nella società, al crescente conflitto tra il liberismo sfrenato degli Usa e l’ortodossia

marxista burocratica e deviata dallo stalinismo del blocco del Patto di Varsavia.

Il Che cercava delle vie di uscita allo scontro dei due blocchi, che riteneva uno il rovescio della medaglia dell’altro ma entrambi con lo stesso intendimento imporre al

resto del mondo uno dei due modelli o almeno dividere il mondo in due blocchi egemoni e in equilibrio che entrambi in modo diverso ma non troppo soggiogassero i

paesi più deboli del III mondo.

Egli fu un uomo sicuramente influenzato dalle teorie socialiste e marxiste, ma mai ne sposò il metodo applicato nel blocco sovietico. Non a caso non appena Fidel Castro

si schierò anche se suo malgrado e per necessità apertamente con l’Unione Sovietica il Che si ritirò dalla vita politica cubana. A Cuba la sua patria di adozione che

egli sempre considerò il laboratorio di una politica attiva continuazione dello spirito rivoluzionario iniziale, ad un certo punto il Che sentì l’inutilità dei suoi sforzi e pur

restando legato all’isola caraibica se ne andò cercando di esportare il concetto rivoluzionario in altri posti del mondo e ruotando l’asse del conflitto non più tra Est e

Ovest del mondo ma tra il Nord rappresentato dagli Stati Uniti e dalla loro politica egemone e neocolonialista e dal blocco sovietico definito dal Che ad Algeri il rovescio

della medaglia dell’imperialismo yankee e il Sud del mondo costituito dai paesi poveri, affamati e sfruttati. Studiando il Che dal punto di vista delle sue idee e della sua veduta

di un mondo libero senza conflitti dettati da meri interessi economici, in cui ogni uomo ha la stessa dignità e gli stessi diritti si evince che Ernesto Che Guevara fu

un uomo che e’ e sarà destinato a lasciare un segno indelebile nella storia del XX° secolo e forse attraverso lo sforzo di costruire un analisi approfondita e

organizzata del suo pensiero, della sua famosa teoria dell’Uomo Nuovo, il Che potrà contribuire con le sue visioni innovative di un mondo più giusto, equo e

solidale a gettare un ponte di speranza che renda migliore un mondo che mai come oggi al di là di ogni credo ed ideologia sta vivendo una delle crisi più

profonde, strutturali e devastanti della sua lunga storia. Anni dopo Fidel Castro parlando del Che ci presenta un uomo diverso: Il Che, dice Fidel, era diventato

molto silenzioso, anche se estroverso, non amava esprimere le sue emozioni, ti fissava per costringerti a dire qualcosa, e aveva un modo di guardare così

penetrante che spesso io stesso non riuscivo a sostenere.

Oggi a ogni manifestazione le bandiere che raffigurano il Che garriscono numerose, le si possono vedere perfino negli stadi, sulle sue icone è stato costruito un vero

merchandising, questo non è del tutto negativo, anzi, vedere giovani nati dopo che il Che fu assassinato con bandiere, bandane, T-shirt che lo raffigurano non può che

fare piacere, significa che il mito del Che è sempre e comunque un anelito alla libertà. I pacifisti considerano il Che un modello questo è in parte vero, egli è simbolo

di libertà, solidarietà, uguaglianza ma il concetto del Che sulla Pace era molto dinamico in suo scritto si legge: “La pace degli uomini che la desiderano con tutte le loro

forze che sono disposti a giovarsene al massimo per la felicità del loro popolo, ma che sanno che non devono mettersi in ginocchio per ottenerla, che sanno che la pace

si conquista a colpi di audacia, di coraggio, di incontrollabile pertinacia, e che così si difende, e che la pace non è una condizione statica ma qualcosa di dinamico al

mondo, e che quanto più forte, unito, e solidale è un popolo, più facilmente potrà mantenere la pace a cui aspira dall’aggressione dei potenti del mondo. Così come il suo

concetto sulle diseguaglianze e il razzismo egli affermava che: “Fino a quando il colore della pelle non sarà considerato come il colore degli occhi noi continueremo a lottare.”

Per concludere questo mio scritto non trovo cosa più appropriata lasciando parlare il Che dall’Assemblea delle Nazioni Unite dove, come rappresentante di

Cuba, egli tenne un lungo discorso di cui io riporterò solo la parte finale di cui possiedo anche la voce in diretta: è la conclusione che raccoglie tutto il frutto

delle sue azioni e del suo pensiero e che per me nonostante siano passati 40 anni, il discorso fu tenuto l’11 dicembre 1964, è come una sorta di viatico per il

futuro che speriamo sia migliore per tutti gli uomini di questo piccolo e opaco pianeta.

 

Discorso del Comandante Ernesto Che Guevara: La Storia dovrà tener conto dei popoli d'America.

Assemblea Generale dell'ONU l'11 dicembre 1964

Silenzio “abla el Che”: <<Non c’è nemico piccolo ne forza disprezzabile, perché non ci sono più popoli isolati. Secondo quanto stabilisce la Seconda Dichiarazione

dell’Avana: Nessun popolo dell'America latina è debole, perché fa parte di una famiglia di duecento milioni di fratelli che soffrono le stesse miserie, sono animati

dagli stessi sentimenti, hanno lo stesso nemico, aspirano tutti ad uno stesso destino migliore e godono della solidarietà di tutti gli uomini e le donne onorati

del mondo. Questa epopea che ci attende la scriveranno le masse affamate degli indios, dei contadini senza terra, degli operai sfruttati; la scriveranno le masse

progressiste, gli intellettuali onesti e brillanti che sono cosí abbondanti nelle nostre sofferenti terre d'America latina. Lotta di masse e di idee, epopea che sarà

portata avanti dai nostri popoli maltrattati e disprezzati dall'imperialismo, i nostri popoli sconosciuti fino ad oggi, che già cominciano a togliergli il sonno. Ci

consideravano come un gregge impotente e sottomesso e già cominciano ad aver timore di questo gregge, gregge gigante di duecento milioni di latinoamericani nei

quali il capitalismo monopolistico yankee intravede già quelli che lo seppelliranno.

L'ora della sua rivincita, l'ora che essa stessa si è scelta, viene indicata con precisione da un estremo all'altro del continente. Ora questa massa anonima, questa America

di colore, avvilita, taciturna, che canta in tutto il continente con la stessa tristezza e disinganno; ora questa massa è quella che comincia ad entrare definitivamente nella

sua storia, comincia a scriverla col suo sangue, comincia a soffrire e a morire; perché ora per le campagne e per i monti d'America, per le balze delle sue terre, per le sue

pianure e le sue foreste, fra la solitudine o il traffico delle città, sulle le coste dei grandi oceani e delle rive dei suoi fiumi comincia a scuotersi questo mondo ricco di cuori

ardenti, con i pugni caldi pieni di desiderio di morire per “quello che è appartiene a loro”, di conquistare i suoi diritti calpestati per quasi cinquecento anni da questo o da

quello. Ora sì la storia fare i conti con i poveri d'America, gli sfruttati e i vilipesi, che hanno deciso di cominciare a scrivere essi stessi, per sempre, la propria storia.

Già si vedono, un giorno dopo l'altro, per le strade, a piedi, in marce senza fine di centinaia di chilometri, per arrivare fino agli 'olimpi' dei governanti da una parte all’altra per

riconquistare i loro diritti. Già si vedono, armati di pietre, di bastoni, di machetes, dovunque, ogni giorno, occupare le terre, conficcare i loro artigli nelle terre che

gli appartengono e difenderle con la loro vita; si vedono con i loro cartelli, le loro bandiere, le loro parole d'ordine, fatte correre al vento, per le montagne e lungo

le pianure. E quest'onda di fremente rancore, di giustizia reclamata, di diritto calpestato, che comincia a levarsi fra le terre dell'America latina, quest'onda ormai

non si fermerà più. Essa andrà crescendo col passar dei giorni; perché formata dai più; dalle maggioranze sotto tutti gli aspetti, coloro che accumulano con il loro

lavoro le ricchezze, creano i valori, fanno andare le ruote della storia e che ora si svegliano dal lungo sonno di abbrutimento al quale li avevano sottomessi. "Perché

questa grande umanità ha detto basta e si è messa in marcia. E la sua marcia, di giganti, non si arresterà più fino alla conquista della vera indipendenza per cui

sono morti già più di una volta inutilmente. Ora, ad ogni modo, quelli che muoiono, moriranno come quelli di Cuba, quelli di Playa Girón; moriranno per la

loro unica, vera e irrinunciabile indipendenza."

Tutto ciò, signori delegati, questa nuova disposizione di un Continente, dell'America, è plasmata e riassunta nel grido che, ogni giorno più forte, le nostre

masse proclamano come espressione irrefutabile della loro decisione di lotta, paralizzando la mano armata dell'invasore. Motto che conta sull'appoggio e la

comprensione di tutti i popoli del mondo. Questo proclama è: Rivoluzione o Morte!>>

 

Scritto da : Aldo in la pagina di Cuba

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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